Lo scrittore libano-canadese Wajdi Mouawad a Roma presenta il suo “Anima”

Questo sabato* a Roma verrà presentato il romanzo Anima, dello scrittore libanese-canadese Wajdi Mouawad, tradotto dal francese da Antonella Conti e pubblicato quest’anno da Fazi editore. L’evento è inserito nel Festival de la fiction française, ancora in corso.

Wahhch Debch un giorno torna a casa e trova l’amata moglie morta in una pozza di sangue, il coltello ancora nelle ferite molteplici al petto e al giovane corpo devastato dalla furia omicida che l’ha assassinata. Il mondo gli crolla addosso, Wahhch Debch non sa più chi è. Chino nel suo dolore, distrutto dalla perdita dell’amore della sua vita, perde ogni punto di riferimento.

Ma Wahhch Debch, che sa benissimo di non averla uccisa, si convince invece di averla uccisa, e in un disperato crescendo di follia e realtà parte alla ricerca dell’assassino della moglie. Lo trova in una riserva indiana, protetto dai capi della riserva che sanno chi è l’omicida e cosa ha fatto, ma che per uno strano codice d’onore non possono consegnarglielo. Debch non desiste e lo insegue a perdifiato tra il Canada e gli Stati Uniti.

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Wahhch Debch però è alla ricerca di molte vendette, e la morte della moglie non è che l’ultimo capitolo di un ciclo di violenza che ha avuto inizio nel settembre del 1982 in Libano, con il massacro perpetrato dalle forza falangiste libanesi con l’aiuto dell’esercito israeliano nel campo palestinese di Sabra e Chatila, di cui lui è uno dei pochissimi sopravvissuti. La sua seconda vita, a partire da quel giorno tremendo, si poggerà su una bugia spaventosa che scoprirà nel corso del romanzo e che lo porterà a prendere una terribile decisione.

La particolarità del romanzo è che a narrare la storia, per almeno tre quarti del libro, non è la voce di un umano: non c’è un solo narratore onnisciente, ma ce ne sono tantissimi, anzi centinaia. Sono, però, tutti animali: ogni capitolo infatti è raccontato dalla prospettiva di un gatto, o di un cane, una formica, un ragno, un serpente, un tasso, un topo, o delle blatte. Voci animali che accompagnano da vicino il vagabondare sull’orlo di follia e brutalità del protagonista e degli altri personaggi del romanzo.

Wahhch Debch però li capisce meglio di altri, e loro capiscono lui meglio degli altri umani, come fossero collegati da un flusso immateriale, magico e potente che trae la sua origine da quel terribile settembre del 1982.

Anima è quindi una sinfonia animale che racconta il mondo degli umani, e le violenze bestiali degli umani, attraverso la sensibilità degli animali che abitano quel mondo e che ne subiscono la violenza. L’empatia e la sensibilità degli animali ingentiliscono la crudeltà delle azioni degli uomini: gli animali ci osservano, vegliano su di noi, ci conoscono meglio di quanto pensiamo e molto spesso, sembra suggerire l’autore, sono migliori di noi. Sanno, soprattutto, che noi possiamo essere migliori di come spesso agiamo.

Mouawad_Wajdi_c_Jean-Louis_Fernandez-NBIl romanzo di Wajdi Mouawad, drammaturgo libanese-canadese francofono, già autore del famoso testo teatrale Incendies, ha un incipit e un primo capitolo folgoranti. Anzi, un primo capitolo così non mi capitava di leggerlo da anni. Potente e impetuoso, crudo e delicato al tempo stesso: la scelta di ogni sostantivo, di ogni verbo, di ogni aggettivo non è mai fuori posto, tutto concorre a rendere l’idea di un’atmosfera cupa e violenta, ma ugualmente struggente e piena di dolore.

Nel corso del romanzo però l’autore si perde un po’: la narrazione diventa ripetitiva e noiosa e anche il vociare degli animali risulta pedante. È però soprattutto la descrizione dettagliata di atti estremi di violenza che mi ha disturbata: la violenza dell’omicida sul protagonista e su sua moglie, la violenza dei falangisti sulla famiglia del piccolo Wahhch, la violenza del protagonista sul padre. Ad esempio, il modo orribile in cui viene uccisa la moglie del protagonista viene raccontato in diversi passaggi, ogni volta attraverso gli stessi dettagli cruenti e disturbanti di cui, in tutta onestà, non si sente affatto il bisogno e che, alla lunga, risultano esasperanti.

Se, come scrive l’Huffington Post, “Mouawad ripercorre le guerre di ieri per fare luce su quelle di oggi”, se quindi Anima è un romanzo sulle violenze mai vendicate accadute a Sabra e Chatila, che infestano ancora oggi le vite dei protagonisti di quegli eventi, se dunque Anima è un romanzo che ha al suo cuore l’indagine delle brutalità dell’uomo sull’uomo, c’era davvero bisogno di renderla così esplicita, così spettacolarizzata?

Siamo proprio sicuri che per raccontare la violenza della Storia e dell’Uomo sia necessario descriverla nei minimi particolari? Se la cronaca ci restituisce ogni giorno immagini di ordinaria brutalità, la letteratura non dovrebbe trovare modi alternativi per raccontarla? Non so.

*L’incontro con l’autore previsto per il 21 novembre è stato annullato per “motivi personali”. Dell’autore, immagino. 

Dal sito dell’editore:

Nato in Libano nel 1968, Wajdi Mouawad si è trasferito prima a Parigi e poi a Montréal a causa della guerra. Artista poliedrico, Mouawad è al contempo scrittore, drammaturgo, regista e attore. In Canada e in Francia è considerato uno degli autori di teatro contemporanei più importanti degli ultimi anni. Lo spettacolo Incendies è stato riadattato a film, ottenendo la candidatura all’Oscar come miglior film straniero nel 2011. Dopo Visage retrouvé, pubblicato da Leméac/Actes Sud nel 2002, Anima è il suo secondo romanzo, che ha ottenuto numerosi premi, tra i quali il Prix Mediterranée e il Premi Llibreter de narrativa.

ps: Il film tratto da Incendies è arrivato anche nelle sale italiane nel 2011 con il titolo La donna che canta:

 

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